"...a determinare il valore che un libro può avere per me, non ha alcun rilievo che sia famoso o di moda. I libri non ci sono perché per un certo tempo tutti li leggano e li dimentichino come una notizia di sport o di cronaca nera: i libri vogliono essere goduti e amati con calma e serenità..."

Hermann Hesse

.
.
Appello ai naviganti!
.
Questo angolo di bosco del web, è aperto alla collaborazione Seria e Costante con disegnatori, registi e quanti vogliono usare le mie storie come soggetti per la loro creatività. L'unione fa la forza, al momento non prometto denari - non ci sono neanche per il sottoscritto - ma tanta gloria!

.


martedì 17 marzo 2009

Acqua dolcissima e nebbia



Cari amici,

eccomi per l'appuntamento di metà - anticipato, inoltrato o sforato stavolta? - mese.

Vi abituo bene, meglio di quanto credevo all'inizio delle danze, ma ve lo meritate perché qualche giorno fa ho superato le cinquanta visite giornaliere su codesto blog, e lasciatmelo dire, non ci avrei scommesso la pensione che non avrò di raggiungere questo piccolo grande traguardo in così poco tempo e scarsa visibilità nel favoloso e spietato Far-WebSt, grazie a tutti per la tenacia nel seguirlo per le discese e le salite; se non Vi rode lasciate un commento: è gratis, è un'orma del passaggio, è un saluto e facciamo le presentazioni del caso;-)

Nella puntata precedente riflettevo sulla popolarità del giallo come genere amato dal lettore anche per la rassicurante "serialità" derivata dal solito e fidato detective, da filoni e schemi che ritornano ciclicamente.
Un altro elemento fondamentale è l'ambiente, il luogo tipico, l'aria che si respira tra un terzo grado e un morto ammazzato in biblioteca... che permette di immergersi in apnea a chi quei luoghi li vive, magari ci abita da sempre senza badarci.
Il giallo padano è tutto questo, odora di acque salmastre, di zone paludose e parchi ciclabili lungo il grande Po, la campagna e i borghi silenti sui colli non hanno niente da invidiare alla decantata brughiera inglese di Conan Doyle nebbia compresa, se aggiungete decrepiti portici bassi, le taverne alla sera, vecchi sfuggevoli e taciturni davanti un bicchiere di barbera e della polenta concia fumante... avete mezza storia scritta.
Lo pensavo qualche notte fa quando hanno trasmesso - su Raidue - la replica de "Il fiume delle nebbie" della serie tv "Nebbie e Delitti", tratta dai romanzi di Varesi, la bella fotografia dal blu predominante rende bene l'atmosfera di vicende oscure che ritornano dal passato.

La storia - leggermente autobiografica - che presento oggi è tutt'altro che gialla, è nera come gli incubi che si fanno a notte fonda, d'altronde fa parte della serie "Le ore piccole" ... buona lettura.



"3:33"

Da un mese per Sara non c'è verso di coricarsi prima. Per quanto programmi in anticipo la ritirata si dilunga sempre e quando raggiunge il letto legge sulla radiosveglia digitale la solita fatidica ora: 3:33.
La cifra verde elettrico ha molti significati matematici e non solo. La moltiplicazione dei fattori da un prodotto divisibile solo per tre che è numero primo, la somma delle cifre è nove multiplo di tre la cui radice quadrata è sempre tre. È un'ora immobile, un cancello sulla notte nera e stagnante dove la sponda dell'alba è lontana all'orizzonte.

Affiora spaesata dietro le quinte di un sipario, trasognata si fa largo tra i velluti pesanti dei tendoni, uno, due, tre, non si contano, sono infiniti prima di trovarsi in un ambiente basso e profondo dal soffitto a botte, le pareti di mattoni nudi e due lunghi tavolacci ai lati ingombri di alambicchi e pentole, pestelli e terracotte colme di spezie.
Non respira, nauseata. Le manca l'aria mentre avanza sulle gambe molli. Intorno vapori densi e grassi s'alzano dai fornelli accesi ovunque. È un bollire continuo. La condensa ricade giù dalla volta in gocce unte sulla sua testa. Trema. Si stringe sul seno la camicia da notte appiccicata alla schiena sudata.
Cerca l'uscita vacilland
o febbricitante. Tra gli sbuffi della cucina c'è una megera al lavoro.
Taglia e sminuzza fine. Sembrano ossa di pollo. Rimesta un intruglio e non si accorge di lei alle sue spalle. Si sporge sul fuoco e sbianca. Nella pentola bolle la sua testa sciolta con un rumore di risucchio osceno. Urla impazzita. Si strappa i capelli ma si accorge che non può perché sono bruciati nel calderone della strega che ghigna finché lei si sveglia. Nel letto. Sudata e col fiatone, il cuore in gola e il lenzuolo stretto attorno al collo, in un inverosimile cappio che non riesce a liberare, più tira e più stringe, la vista è annebbiata... sono le sei e sessantasei.
(6:66)


FINE.

domenica 1 marzo 2009

Di Giallo tingersi

Carissimi,

non credete sempre alle classifiche di vendita manipolate dalle società di proprietà degli stessi editori di giornali che le pubblicano e hanno caro il titolo del padrone della testata, ai primi posti ci sono sempre i soliti "mezzi busti" televisivi con saggi faziosi e i giovani tanto "promettenti" quanto sconosciuti che diventano miracolosi casi editoriali per sparire dalle scene l'anno dopo.
Immaginate invece di sommare le copie vendute di gialli piccoli e grandi, italiani e non, non c'è classifica che tiene.
Perché questo genere, giallo, thriller, noir o poliziesco, chiamatelo come vi pare, è una scommessa con il lettore, con l'appassionato e il dilettante, una gara per scoprire la verità, e a volte più d'una. Ma guai a tradirlo: la soluzione dell'enigma deve essere, per quanto complessa e improbabile, onesta.
Che sia un efferato e scenografico delitto o un rebus senza una goccia di sangue versato, spesso intorno a questo filo giallo ci sono vizi e virtù della gente, il vivere quotidiano, le magagne e le paure della società del tempo.
E' quello che ho cercato di fare brevemente, meno di trecento parole, nella storia che segue, buona lettura!
.
(L'illustrazione si riferisce al romanzo "Il mastino dei Baskerville" di Conan Doyle).
.
.
.
LA TESTIMONE

Giorgia è felice.
Si è appena trasferita nel nuovo appartamento al decimo piano di dodici di un complesso di cemento e mattoni disposto a semicerchio su un'area verde, un'oasi con un piccolo discount, una lavanderia e i giardinetti. Ha appena finito di disfare gli scatoloni quando scende per fare un po' di spesa.
Il quartiere è una nuova cintura della periferia e la gente non si conosce. Guarda con diffidenza il prossimo, soprattutto se straniero, ognuno fa i fatti propri e tira dritto.
Finché una mattina, i corn-flakes ancora nel latte e il sole piccolo e basso, un tonfo ripercuote le scale, le pareti di cartongesso e le suole delle scarpe simile a un carico di cocomeri maturi schiantato a terra, decine di occhi cisposi si sporgono di sotto per guardare la polpa rossa sparsa ovunque.

"E' colpa tua. Non dovevi impicciarti." - «Questo biglietto era sotto la sua porta, giusto?»
«Sì»
«Conosceva la vittima?»
«No, cioè si l'ho vista il primo giorno che sono arrivata, sono scesa al discount ed era caduta con le buste, qualcuno l'aveva spinta... sanguinava e l'ho aiutata a rialzarsi».
«Nient'altro?»
«No....»
«Non ha notato qualcosa o visto qualcuno con lei?»
«No, non ricordo».

L'ispettore Giordani e l'assistente lasciano il salotto in disordine della ragazza ancora sotto shock e montano in auto.
«Non capisco, il corpo della cinese è bagnato fradicio come un'aringa marinata, morto da almeno tre giorni, con quel cartellino legato all'alluce ed è volato giù dal solaio senza che nessuno ha visto niente!»
Un camioncino frigo taglia la strada all'Alfa che sterza e corregge bruscamente la traiettoria inchiodando, sul portellone il fiocco di neve stilizzato e una fila di ideogrammi cinesi incomprensibili.

FINE.