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Proprio come in questi giorni, è scoppiata l'estate in anticipo con temperature sopra la media (pure qua a Torino, non direste eh?), ma questa ondata di caldo improvviso non è immune dal giocare brutti scherzi a sentire i tg.... l'estate ha le sue zone d'ombra, geografiche e mentali, scatenate proprio dalla troppa insolazione, dalla canicola pomeridiana, ma a volte basta una folata di vento per rigenerarsi come quella del racconto che segue... ditelo agli amici, nonni, zii e cugine, le ore piccole vi aspettano solo sul mio blog, buona lettura!
PS. Non sono sempre così "noir" nella vita, in questi giorni leggo "L'insostenibile leggerezza dell'essere" di Milan Kundera, ogni tanto fa bene cambiare ;-)
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IL VENTO
"Il vento soffia l'alito dei morti, non voltargli mai le spalle". 
Gli diceva sempre sua nonna durante i temporali estivi e le folate autunnali quando il vento turbinava dal camino, e lui l'aveva presa sul serio, allora come oggi adulto, una vita in campagna e il bucato sospeso tra i robusti pali di noce conficcati nel retro del giardino.

Gli diceva sempre sua nonna durante i temporali estivi e le folate autunnali quando il vento turbinava dal camino, e lui l'aveva presa sul serio, allora come oggi adulto, una vita in campagna e il bucato sospeso tra i robusti pali di noce conficcati nel retro del giardino.
"Ferma bene i panni o ti avvolgeranno il volto come un sudario".
Non mancava di rifornirsi di mollette d'ogni genere: colorate, di legno e plastica. L'ultima confezione regalatagli dalla nipotina raffigurava dei lunghi coccodrilli.
Quel pomeriggio il vento gonfiava le lenzuola come vele, volti fantastici di angeli e diavoli sbucavano tra pieghe e crateri rigonfi, fauci spalancate su un aldilà d'infernale aria calda.
Erano ore che vociava fra le tegole e la grondaia. Marco era nervoso come sempre.
Le nubi erano cariche ma restavano dolenti e scure sulla sua casa isolata. La linea telefonica friggeva dalla mattina lanciando trilli fantasma nel silenzioso salotto. Uscì di scatto con l'intenzione di raccogliere le lenzuola prima di vederle squarciate o volate via.
“Lui ti afferra con le dita e aspira il fiato.”
Cominciò dallo stenditoio nel mezzo. I fili d'acciaio vibravano tesi allo spasmo.
Le mollette sembravano non staccarsi tanta era la forza che opponeva la corrente alle sue spalle.
Poi si accorse che mancava qualcosa. Un lenzuolo era volato via e le pinze erano tutte lì in attesa. Schierate come soldatini. Diverse da come le aveva messe.
“Non voltargli le spalle, soffia sul collo e ti sfila la vita.”
Indietreggiò. Loro scattarono.
Decine di dentini aguzzi dai colori vivaci affondavano nella carne nuda, sulle braccia e sulle gambe. Tanti allegri e identici coccodrillini colorati di plastica insanguinata aprivano e chiudevano le mascelle sulle potenti molle d'ottone lacerando la pelle. Quando furono troppi cadde nell'erba sfinito, strappandoli di dosso urlando disperato nel vento.
FINE.