"...a determinare il valore che un libro può avere per me, non ha alcun rilievo che sia famoso o di moda. I libri non ci sono perché per un certo tempo tutti li leggano e li dimentichino come una notizia di sport o di cronaca nera: i libri vogliono essere goduti e amati con calma e serenità..."

Hermann Hesse

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Appello ai naviganti!
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Questo angolo di bosco del web, è aperto alla collaborazione Seria e Costante con disegnatori, registi e quanti vogliono usare le mie storie come soggetti per la loro creatività. L'unione fa la forza, al momento non prometto denari - non ci sono neanche per il sottoscritto - ma tanta gloria!

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venerdì 29 giugno 2012

Fantasmi spiaggia(ti)

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Chi l'ha detto che le storie di fantasmi si leggono solo d'inverno davanti al caminetto con una tazza di ponce caldo?
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Nessuno, infatti il Vostro caro sottoscritto, complice un problemino tecnico (mio) che mi ha impedito di aggiornare prima e come volevo il blog stesso, ha deciso di cambiare programma e proporvi un menu alternativo fatto di altre due storie di spettri originali, e sfido chiunque ad averle già lette altrove, infatti le ho scovate - e riportate integralmente! - nel primo numero di "Fantomas" del '63, serie di romanzi d'avventura con protagonista il Diabolik alla francese, provengono dal tal volume «La Lettura», edito nel 1904, insomma dovreste essere centenari per averli già letti!
O più semplicemente avere in casa tale libro, in questo caso fatemi sapere il resto del suo contenuto, l'autore o gli autori di questi misteriosi raccontini che hanno tutta l'aria di essere la cronaca di fatti vissuti quasi....... nel frattempo, buona lettura!


LA SIGNORA IN ABITO DI SETA BLU


Il reverendo Mr.Carter era stato ultimamente nominato a un beneficio, la cui casa vicariale godeva riputazione d'esser frequentata dagli spiriti.
Ma il signor e la signora Carter si ridevano di questa fama.
Pochi mesi dopo il loro arrivo, mentre il vicario lavorava nel suo studio, fu disturbato da un fruscio di seta; alzò gli occhi e vide ferma sull'usci una strana figura. Essa era vestita di seta azzurro pallido, e il suo largo cappello bianco serviva solo ad accentuare il pallore del viso. Essa si avvicinò, e il vicario osservò sulla sua bianca gola una profonda ferita. E la signora svanì.
Mr.Carter, collegando questa apparizione alla riputazione della casa, risolvette di tacer tutto a sua moglie. Tuttavia fece uno schizzo a matita della misteriosa visitatrice. Questo schizzo venne trovato dalla moglie, che riconobbe in esso una signora che aveva visto in quella famosa sera, entrar nello studio del marito; visita questa che il Vicario, interrogato, aveva negato. Messo ormai alle strette raccontò tutto.
Poco tempo dopo, una sera, corse a loro la loro piccola figlia gridando che una signora vestita d'azzurro aveva ucciso la sua nutrice. Fortunatamente le cose non erano così. La nutrice spaventata dall'apparizione era solo svenuta. Ma quando si svegliò era pazza, e non ricuperò mai la ragione.



IL FRATE FANTASMA

Una infermiera d'ospitale soleva passare i suoi giorni di vacanza in una quieta, vecchia casa di Bruges. Seduta vicino al fuoco, una sera, essa vide con sorpresa entrare nella stanza un monaco, camminare un poco senza far rumore. Essa lo aveva visto distintamente; aveva notato la bruna veste, i piedi nudi, il pallore eccessivo del volto, i neri occhi e le nere ciglia. Il fatto rimase per lei misterioso: ella non poté spiegarlo che dicendo: ho sognato!
Un mese dopo essa rientrò in carica all'ospedale di Dublino. Il primo ammalato che le fu dato in cura fu proprio il frate che le era apparso a Bruges. Egli era stato trovato fuori dei sensi in una strada; all'ospedale morì senza poter riprendere la conoscenza.


FINE.

sabato 9 giugno 2012

Storie al margine dell'(ir)reale quotidiano

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"C'è un posto tra la luce e l'oscurità, una zona che si trova ai confini della realtà..."

Così iniziava una nota, forse la più celebre e celebrata, serie di fantascienza televisiva made in Usa, "Ai confini della realtà", brevi telefilm tratti da racconti di grandi scrittori di genere fantastico e fantascientifico, una serie che è stata riproposta nei decenni con successo, fino agli Anni Ottanta.

Quell'incipit suggestivo predisponeva chi la guardava comodamente nella poltrona di casa a lasciarsi trasportare in una zona franca: situazioni reali, persino banali, che a un certo punto prendevano una piega irreale, assurda o incredibile, ma mai così tanto da farci dubitare che possa davvero accadere oppure scoppiare in una risata, insomma un confine (mentale) labile, pericoloso, sul quale stare in bilico ad arte dove solo i migliori narratori, sia di romanzi che di cinema, sanno fare senza scivoloni, continuamente avanti e indietro su quel filo teso e sottilmente fragile tra il nostro mondo e quello oltre, al di là.
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Più modestamente è quanto cerco di fare anch'io con le storie de "Le ore piccole", aprendo quell'ultima dimenticata porta chiusa sul buio: immaginatevi di cercare l'interuttore a tastoni e di non trovarlo (non sapete dov'è...), di dover per forza attraversare la stanza immersa nelle tenebre più nere, aggirare gli ostacoli, i mobili - dove saranno? - rischiando di cadere o rovesciare qualcosa, d'altronde non siete a casa vostra.... ma nella mia stanza; finalmente riuscite a raggiungere l'uscita e la luce al di là dell'uscio socchiuso, fate capolino là fuori, nel corridoio dove si affacciano altre porte... siete davvero sicuri sia l'unica uscita?

Buona lettura e non dimenticate di commentare, è sempre gradito nonché... gratis! E' importante, grazie.

ALTRE PORTE

-Hai finito con quegli scatoloni?
Kim si scuote. Si accorge di essere solo nella soffitta, uno stanzone vuoto dalle geometrie piranesiane dovute al tetto spiovente, alle travi che lo attraversano e che gli danno quella strana forma trapezoidale fatta di antri e svasi misteriosi.
La luce del tardo pomeriggio filtra dall'oblò in alto tracciando poche righe sulle assi stinte e lui non riesce a staccare gli occhi a mandorla dall'angolo più buio, laggiù in fondo, dove il sole non arriva mai.
Da piccoli lui e Dario giocavano in quella grande cascina in campagna, nascondersi era la cosa più divertente, ma in soffitta non ci andavano mai.
C'era buio, i topi e forse qualcos'altro. Solo scarafaggi e tarme diceva sua nonna finché non capitò.
Un maniaco scrissero i giornali dell'epoca.
Mesi dopo trovarono gli occhiali di Dario in quell'angolo della soffitta come rigurgitati da un altro mondo. I suoi dissero una parola sola: tritaossa.
Sbianca. Trema tutto. E con lui lo scatolone che manda rumori di cocci in frantumi.
All'improvviso sa.
Si sente attratto da quell'angolo estremo, dallo spigolo nero e senza apparente fondo.
Un pozzo orizzontale verso cui avanza chinandosi, facendosi piccolo, abbassandosi sempre di più...
Non ricorda dove l'ha letto, sul giornale, sul libro di fisica o forse era la trama di un film di fantascienza di serie b, dice che certe “rette e angoli di proporzioni antichissime girate su ordinate e ascisse di un luogo con le caratteristiche astrali dei Padri aprono feritoie nell'Universo della materia mettendo in comunicazione noi con Loro.”
Assurdo.
Eppure sente qualcosa. Non si accorge del sangue che sgocciola dalla mano, una graffetta dello scatolone si è conficcata nel polso mentre preme le vene con più forza... adesso vede Dario in tante piccole ossicine di pollo tritate.

FINE.