"...a determinare il valore che un libro può avere per me, non ha alcun rilievo che sia famoso o di moda. I libri non ci sono perché per un certo tempo tutti li leggano e li dimentichino come una notizia di sport o di cronaca nera: i libri vogliono essere goduti e amati con calma e serenità..."

Hermann Hesse

.
.
Appello ai naviganti!
.
Questo angolo di bosco del web, è aperto alla collaborazione Seria e Costante con disegnatori, registi e quanti vogliono usare le mie storie come soggetti per la loro creatività. L'unione fa la forza, al momento non prometto denari - non ci sono neanche per il sottoscritto - ma tanta gloria!

.


domenica 29 dicembre 2013

Non sono morto, anzi!



Carissimi che seguite questo blog,


pochi ma buoni, buonissimi, è oltre un mese che non aggiorno il "diario di bordo", mancanza che va contro i miei buoni propositi e me ne dispiace, torno con una notizia che mi riguarda da vicino - l'ennesima! - trattasi di una vittoria che non posso non condividere qui, con Voi, e lasciarne traccia perché davvero inaspettata.

Raramente partecipo a concorsi perché consapevole che il mio stile poco convenzionale e poco narrativo non mi ha mai portato grandi consensi in questo genere di competizioni, tuttavia poco prima di Natale mi sono lasciato sedurre dal concorso letterario più diabolico della rete, "Anticristo", indetto dal portale www.darkveins.com   concorso storico, perché la prima edizione risale a ben dieci anni fa, quando lo stesso portale si chiamava "ilcancello.com".




Per farla breve, ero e sono soddisfatto della riuscita del mio racconto intitolato "L'Avvento", ma mai pensavo che su quarantadue partecipanti di tagliare il traguardo al secondo posto!

Il premio è la pubblicazione nell'e-book insieme agli altri due finalisti e una copia del romanzo "Messa di mezzanotte" di F.Paul Wilson, ma il regalo più grande è l'entusiasmo che mi ha infuso, la sorpresa e la voglia di tornare al mio primo e unico amore, il racconto fantastico che ho sacrificato negli ultimi tempi per la saggistica (vedi ultimo volume di cinema), tanto più che la giuria era composta da addetti ai lavori: amministratori di portali horror-web, scrittori, editori, persino un noto regista-cantautore italico... 

(la giuria: Antony Coia, Barbara Torretti, Alessandro Balestra, Gordiano Lupi, Giorgio Riccardi, Alda Teodorani, Alessio Valsecchi e Federico Zampaglione)
http://www.darkveins.com/notizie-horror/10401-anticristo-2013-autori-e-racconti-vincitori.html

Che dire, il migliore modo di finire e cominciare il Nuovo Anno.

Auguri a Voi, a Noi.

Arrivederci qui, dal Vostro Abitatore del Buio!



venerdì 8 novembre 2013

Bruno Mattei, l'ultimo Artigiano


Finalmente disponibile, la prima e unica biografia dedicata a un grande artigiano del nostro cinema di genere, pubblicata da Edizioni Il Foglio Letterario di Piombino, distribuita e richiedibile in tutte le librerie.


www.ilfoglioletterario.it

per contatti, copia per giornalisti: ilfoglio@infol.it



La quarta di copertina:

Bruno Mattei è stato per anni l’ultimo artigiano, un sopravvissuto, un regista che è andato oltre la crisi del cinema di genere. Mattei non si cura della scomparsa delle sale di terza visione, supera la fine delle salette a luci rosse, evita la televisione e continua a fare il cinema di genere che ama. Usa il digitale e i nuovi ritrovati della tecnica, produce film d’azione, cannibalici, horror, tonaca movie, women in prison. Merita di essere ricordato, pure se molti dei suoi film non sono capolavori: spesso tirati via, sceneggiati con disinvoltura, montati con lentezza, girati in pochi giorni e con mezzi insufficienti. È insopportabile che un regista come Mattei non venga nominato in nessuna enciclopedia cinematografica e che i più importanti dizionari (Mereghetti, Morandini e Farinotti) non prestino alcuna attenzione ai suoi film, omettendoli sistematicamente. Bruno Mattei è molto attivo nei generi nazi erotico (Casa privata per SS – 1977, K.Z 9 lager di sterminio – 1977), mondo movie (Le notti porno nel mondo – 1977), erotico (Emanuelle e le porno notti – 1978, Cuginetta… amore mio! – 1976, Cicciolina, amore mio! – 1979, Sexual aberration - 1979), tonaca movie (La vera storia della monaca di Monza – 1980), women in prison (Violenza in un carcere femminile – 1982, Anime perse - 2006), peplum (I sette magnifici gladiatori – 1983) e avventuroso d’imitazione (Strike Commando – 1987, Terminator II - 1990). Non poteva mancare l’horror, che Mattei frequenta sin dal 1980, soprattutto nel sottogenere zombi e cannibale. Mattei collabora a lungo con Claudio Fragasso, sia come sceneggiatore che come regista, e insieme portano a termine Zombi 3 di Lucio Fulci. Il regista resta inattivo per un certo periodo, a causa della progressiva scomparsa del cinema di genere italiano, ma nel 2001 riprende di buona lena e con grande entusiasmo a girare film a basso costo, dedicandosi al suo vecchio amore, producendo erotici patinati, avventurosi, thriller e horror-splatter. Molti di questi film vengono girati nelle Filippine e sono prodotti da Gianni Paolucci (La Perla Nera). Tutti i suoi film girati per destinazione non cinematografica, ma diretti al mercato home video (direct to video) sono pubblicati in dvd, tranne Anime perse, L’isola dei morti viventi e Zombi: la creazione, al momento inediti in Italia. Anime perse è reperibile in versione inglese con sottotitoli in spagnolo, ed è proprio quella l’edizione analizzata per questa trattazione. Bruno Mattei muore nel 2007, all’età di 76 anni. Pochi mesi prima aveva diretto il suo ultimo film di zombi, sceneggiato dall’amico Antonio Tentori.

Il sottoscritto figura tra i collaboratori.



domenica 13 ottobre 2013

Madre, padre e figlia



Il padre è lui, Dario Argento, artistico della madre, la "terza", ma anche (ex) di Daria Nicolodi madre di Asia sua figlia... insomma questo ingarbugliato gioco di parole per introdurre un vecchio articolo, che riporto integralmente come mia abitudine, ritrovato tempo addietro mentre riordinavo, niente di eclatante, si tratta di un trafiletto classico da pagina degli spettacoli senza troppe pretese, ma contiene qualche curiosità, è tratto da "Leggo" quotidiano gratuito di martedì 23 ottobre 2007, porta la firma di Ilaria Ravarino, ovviamente non lo trovate in rete in nessun archivio ufficiale o ufficioso.




Festa del cinema di Roma. Evento speciale per "La terza madre", il nuovo film di Dario e Asia

Profondo nero: ecco Argento

Roma - Giochi di luce tra nuvole di fumo e vapori, una colonna sonora da brivido, un corteo di streghe ed un tappeto scuro come la notte: la famiglia Argento sbarca a Roma in grande stile e tinge il festival di nero, sull'onda del trend gotico lanciato da Tim Burton a Venezia.
Ma se il lato oscuro della Mostra di Venezia aveva il volto allucinato di Johnny Depp, quello della festa di Roma ha il volto, il corpo e l'ambiguo fascino della turbolenta figlia d'arte Asia Argento: in Italia per promuovere La terza madre, capitolo conclusivo di una trilogia horror iniziata nel 1977 con Suspiria, Asia si mostrerà al pubblico romano solo dopo il tramonto, scortata dal padre Dario e dalla madre Daria Nicolodi. Col calare delle tenebre la famiglia Argento darà il via a una lunga maratona horror, aperta da un concerto-evento in cui verranno suonate dal vivo tutte le musiche dei film di Dario: a seguire proiezione di Suspiria, Inferno e dell'attesissimo La terza madre. Per Dario Argento, che non collabora con la figlia Asia dai tempi de Il fantasma dell'Opera e con la Nicolodi dal 1987, «è il film più duro della trilogia, il più sanguinoso che ho mai girato. Ha le stesse atmosfere dei miei film anni '70»: 180 effetti speciali di tipo visivo, grandi effetti sonori, una colonna sonora che coprirà almeno tre quarti della pellicola e una quantità di sangue tale da procurare al film non pochi problemi con la censura.
Nel cast anche la modella Moran Atias, nel ruolo della perfida strega contro cui si batterà Asia, alla sua quarta collaborazione con il padre: in una parte che si preannuncia molto "calda", la Atias sarà svestita per la maggior parte del film. (ass)




mercoledì 18 settembre 2013

Una nuvola di polvere... un grido di morte... arriva Sartana!

(1970)


Lo spaghetti-western, genere che amo e seguo da anni...


"Polvere eri e polvere tornerai..." con questa frase biblica di sicuro effetto esordisce Sartana nella pellicola, subito dopo elimina tre sceriffi corrotti che un istante prima hanno ucciso un giudice e tentato di violentare la figlia, poi si costituisce al vicino fortino-prigione dove il sadico direttore lo butta in una fossa insieme agli altri detenuti.
Tra questi c'è Grande Full, un biscazziere che si dice abbia fatto sparire cinquecentomila dollari in oro. Sartana intende farlo evadere e farsi dire dove ha nascosto il malloppo, ma non è il solo, la voce corre e sono in tanti pronti a eliminare entrambi per mettere la mani sul tesoro.




Quarto titolo con protagonista Sartana, il pistolero abile al tavolo da gioco interpretato da Gianni Garko, l'originale, in quanto ne furono prodotti diversi sull'onda del successo al botteghino, con attori differenti e scostati dal personaggio stesso, ci fu persino un "Santana" (...il chitarrista?!) ma quello vero è questo: baffoni biondi, sguardo truce e piglio ironico, sempre di nero vestito (da becchino!). 

Il primo film fu diretto da Parolini, mentre gli altri tre compreso questo da Giuliano Carnimeo (che si firma Anthony Ascott), regista e poi produttore tra quelli più interessanti del sottobosco di genere nostrano, in quanto come tanti suoi colleghi del periodo percorse i vari filoni, dal western all'horror, indovinando attori capaci e sceneggiature sopra la media e questa "buona stella" è confermata anche in questo spaghetti-western: sceneggiatura piuttosto originale di Tito Carpi, Ernesto Gastaldi (uno specialista di western e non solo) e tale Eduardo Manzanos Brochero (che firma anche il soggetto oltre a essere co-produttore insieme al compianto Luciano Martino, scomparso di recente). attori capaci dal protagonista Gianni Garko al restante cast e il tocco di originalità rappresentato dalla trama gialla, una sorta di indagine condotta da Sartana dove ognuno racconta la propria versione dei fatti e c'è un piccolo rebus rappresentato dalle "tre carte" sul dove sono nascosti i soldi; insomma una spanna sopra tanti spaghetti western del periodo senza spina dorsale, fatti con lo stampino: tra sparatorie insensate senza una goccia di sangue (per motivi di censura), sganassoni fintissimi e una pila di noia.



Inoltre ci sono delle trovate decisamente sopra le righe che farebbero ghignare di piacere il buon Quentin Tarantino, amante del genere, come l'organo a canne che si rivelerà una sinfonia mortale per lo squadrone dei desperados del "generale" Monk e il bizzarro mini-totem meccanico di nome Alfie che Sartana userà per stanare i nemici dentro una caverna...




sabato 24 agosto 2013

Starcrash


Scontri stellari oltre la terza dimensione
(1978)


C'era una volta in una galassia tanto lontana il crudele Conte Zarth Arn che voleva usurpare il trono del mite e saggio Imperatore il quale incaricò l'unica speranza di salvezza che poteva liberarlo dalla minaccia cioé l'eroina avventuriera Stella Star che accettò la missione aiutata dall'inseparabile robot tuttofare Elle, si scontrarono così con terribili avversari di ogni dove... mmm, vi ricorda qualcosa!?




Titolo cult dell'ultimo decennio fertile per il cinema di genere nostrano, nonché una quasi eccezione nel panorama perché trattasi di pellicola di fantascienza, nicchia nella nicchia per via di scenografie ed effetti speciali solitamente richiede budget corposi che i produttori italici non vogliono sborsare, e invece... questo film di Lewis Coates, al secolo Luigi Cozzi, che firma anche soggetto e sceneggiatura, ebbe successo, soprattutto all'estero in Francia e Stati Uniti, sull'onda di Star Wars, tanto che ne fecero un seguito, ma parliamo del primo capitolo.

Inizio col dire che più che a "Star Wars" somiglia a "Flash Gordon" - o a "Balle spaziali"!? - per costumi e scenari,  i personaggi sono tagliati con l'accetta come si suol dire e la sceneggiatura poco più di una serie di sequenze di azione qua e là a spasso nella galassia e su pianeti improbabili, i dialoghi minimal da far invidia a un fumetto nonostante il cast sia internazionale e di tutto rispetto come poche volte si è visto in film cosiddetti "di genere": Marjoe Gortner, Christopher Plummer, David Hasselhoff (proprio lui la futura star di "Supercar"!), Rober Tessier, Joe Spinell, la sexy insegnante di tante commedie Nadia Cassini stavola "Regina delle Amazzoni" un gruppo di guerriere con un certo appeal, Judd Hamilton, Dirce Funari e lei, la favolosa e conturbante Caroline Munro, la cui sola presenza nel film per il 90% con uno slip che ricorda quello del cartone animato "He-Man", vale la visione!!



Lei, ex Bond-girl è un'attrice già nota per le pellicole Hammer con Dracula-Lee e altre ne seguiranno nel filone horror, tanto che tuttoggi ha un nutrito stuolo di fans grazie alla procace presenza in queste pellicole cult, e come dargli torto, basta guardare le foto, solo un assaggio di quelle che compaiono cercando con un noto motore di ricerca!



Perché vedere questo "Scontri stellari oltre la terza dimensione"? 

Il titolo la dice già lunga sullo spirito nerd della pellicola, dove astronavi viaggiano in una galassia fatta di pianeti accesi come lampadine gialle, rosse e verdi, si combattono con raggi laser ed esplosioni fracassanti (e fracassone), è un omaggio ai primi film di fantascienza italiani girati un decennio e oltre prima da Antonio Margheriti ma anche da Mario Bava, gli effetti speciali e l'animazione dei robot sono artigianali come allora, sono modellini, mossi e creati dalla bravura e dalla passione di Germano Natali, Armando Valcauda e Matteo Verzini, d'altronde la computer grafica era lontana dal venire... e così anche gli ambienti, le armi, i costumi sono pittoreschi e inverosimili ma fanno sognare, ci permettono di vivere quelle avventure ingenue immaginate da bambini, quelli di ieri nati prima dello sbarco sulla Luna, oggi adulti, quelli che non c'erano e sono stati raggiunti dalla fama di questo - e altri - film: visto con l'occhio giusto che lo contestualizza nel tempo e nello SPAZIO, è un sano divertimento per tutti: 


Se ti piace, guarda anche "L'Umanoide" (Italia, 1979) di Aldo Lado che vede la collaborazione di Antonio Margheriti direttore degli effetti speciali realizzati dallo stesso Valcauda, Enzo G.Castellari alla seconda unità, musiche di Ennio Morricone... 




martedì 18 giugno 2013

Luce colante di (Mario) Bava


"Bava è uno dei grandi cineasti nascosti della storia del cinema italiano, è un'indicazione di cinema futuro che ha lasciato già le sue tracce... 

Il cinema di Bava come sbavatura, esplicitazione di un cinema che non è stato perché non poteva essere..."


Questo l'efficace titolo e soprattutto parte dell'introduzione di Enrico Ghezzi alla nottata dedicata al grande regista ligure trasmessa il 13 maggio scorso durante la trasmissione cinefila per eccellenza, Fuoriorario, e non è la prima occasione, ma questa volta c'era una pellicola che aspettavo di vedere da un po' essendo l'ultima che mi mancava per completare la filmografia del Maestro.



Due film assai diversi quelli scelti, come d'altronde tutti i fondamentali registi che hanno lasciato il segno Bava ha frequentato i generi più disparati facendoli suoi e reinventandoli anticipando i tempi, il primo è "Gli orrori del castello di Norimberga" (1972, Baron Blood) un esemplare gotico con tutti gli ambienti e le situazioni tipiche - castello e segrete in primis - ma modernizzato, in piena era "giallo argento" sceglie una chiave quasi pop nell'estetica - iconografico l'omicidio davanti al distributore automatico di note bevande caramellose; lo stesso barone sanguinario poi sembra aver figliato nello storia del cinema horror, basti guardare il "Darkman" (1990) di Sam Raimi, il dottore sfigurato dalle fiamme - come il Barone! - gli somiglia parecchio...



Il secondo film è "Quante volte... quella notte" (1969) con la bella Daniela Giordano e Bret Halsey (proprio quello di "Quando Alice ruppe lo specchio" di fulciana memoria) è una commedia ironica sui "punti di vista" di una vicenda svolta nell'arco di una notte raccontata dagli stessi protagonisti a modo loro, figlia di quegli anni di ritrovata libertà sessuale e dei costumi, i toni sono leggeri fin dai coloratissimi titoli di testa a cartoni animati.

Due pellicole diverse, e tanto, ma entrambe da vedere (e facilmente recuperabili nell'home video) testimonianza di un genio del cinema, riconosciuto tale anche dai "big" di oggi, da Tim Burton a Martin Scorsese fino al sempre citato Quentin Tarantino, non c'è nessuno che non si riempia la bocca parlando di Mario Bava!



giovedì 2 maggio 2013

L'etrusco uccide ancora

(1972)




L'intraprendente archeologo Jason è alle prese con eccezionali ritrovamenti durante gli scavi di una necropoli etrusca, ma i lavori sono interrotti quando viene rinvenuta morta una coppietta che si era appartata all'interno della tomba, i loro corpi sono composti proprio come i dipinti che raffigurano i riti sacrificali al dio etrusco della morte, Tuculca.


Di quelle stimate duecento pellicole postsimilargentiane non sarà il capolavoro perduto (e ritrovato) ma è tra le più originali e copiate.

Armando Crispino, regista, è un bravo mestierante del cinema che fu, come tanti suoi colleghi di quegli anni che si sono cimentati nei generi più disparati seguendo il successo dei campioni d'incassi di Hollywood in primis, infatti stavolta non sfugge all'influenza dei primi Anni Settanta segnati dall'exploit de "L'uccello dalle piume di cristallo" di Dario Argento con la conseguente nascita del "thrilling" o giallo all'italiana, un filone che sovverte i canoni classici dell'indagine poliziesca cui siamo abituati dalla letteratura inglese, a favore della spettacolarizzazione dell'omicidio, della continua ricerca di suspense al cardiopalma, di deliri e fantasmi visivi dovuti alle fantasie morbose della mente contorta dell'assassino (inculcateci grazie alle frequenti soggettive) e toccherà scioglierla non alla polizia, ma a uno che passa di lì "per caso": un giornalista, un fotografo, una modella o uno studioso, catapultato tra omicidi scenograficamente feroci quanto dal modus bizzarro, femme fatale che nascondono verità scomode e sospettati ambigui, voci notturne e mani guantate che giocano al gatto col topo in una sorta di partita mortale con lo spettatore.

Così fa Crispino, aggiungendo un contesto insolito: le necropoli etrusche tra Spoleto, Cerveteri e Tarquinia, luoghi carichi di mistero di per sé, figurarsi se abbinate agli stilemi del thrilling . E come se non bastasse, per sottolinearlo, si avvale non soltanto della bella colonna sonora di Riz Ortolani (che tanto e bene lavorerà per gli horror padani di Pupi Avati) ma anche della musica classica del "Festival dei due mondi" di Spoleto.

"L'etrusco uccide ancora" merita la visione insieme alla seconda incursione nel genere "Macchie solari" dai contenuti più soprannaturali quasi fantascientifici, restano senz'altro le opere migliori e più significative della carriera del regista nativo di Biella e naturalizzato romano.




Cast: Alex Cord, Samantha Eggar, John Marley, Enzo Tarascio, Enzo Cerusico, Carlo De Mejo.

Nota
Per chi come me è appassionato di "archeologia misteriosa" oltre che cinefilo ricorderà senz'altro come questo non sia il primo film a sfruttare nel titoilo il richiamo magico e misterico di un'antica civiltà di cui ancora oggi poco si conosce, infatti successivamente Sergio Martino gira "Assassinio al cimitero etrusco" (1982) e prima di lui l'inglese "Perché il dio fenicio continua a uccidere" (1972) di tale Jim O'Connolly ci ricorda un'altra popolazione venuta dal mare, e come non ricordare lo sceneggiato cult - del quale ho già parlato - "Ritratto di donna velata"? Questo solo per citare i primi titoli che mi sono venuti in mente... a Voi segnalarmi gli altri!

sabato 30 marzo 2013

Due occhi diabolici

(Two evil eyes, 1990)




“Sono andato a Baltimora […] e nel piccolo, segreto giardino di una chiesa gotica ho trovato non una, ma due tombe del mio sventurato, nevrotico e miserabile amico [Edgar Allan Poe] senza un penny, che resta a mio parere il più grande romantico della sofferenza umana e della paura. Così ho deciso di girare un piccolo film nel film per i titoli di testa e ho fermato l'occhio della mia cinepresa un po' perversa sulla prima tomba di Poe, che è completamente coperta di pennies di “copper” (rame) perchè i suoi estimatori continuano per lui a fare una povera colletta. […] Poe ha saputo “sognare sogni che nessuno aveva mai osato sognare prima” e perchè in epoca d'angoscia i suoi racconti, le sue ombre, i suoi protagonisti ci portano per mano nel carcere, o meglio, nell'abisso senza fondo della sua e delle nostre fantasie.”

Dario Argento 
in Giovanna Grassi, 
Nuovo brivido firmato Argento, “Corriere della Sera”, 17 gennaio 1990.


(Parte di) Queste parole lette fuori campo dalla voce di Dario Argento mentre sul video scorrono le immagini dei luoghi legati alla vita (e alla morte) di Edgar Allan Poe, ci introducono nel primo dei due episodi che compongono "Due occhi diabolici" (Two evil eyes) tributo appassionato di due Maestri odierni del cinema come George Romero e Dario Argento a un genio della letteratura mondiale che ha ispirato e ispira tuttora generazioni di lettori nonché novelli scrittori.



Non mi dilungo nel raccontare la trama dei due racconti prescelti (I fatti del caso del signor Valdemar diretto da George Romero e Il gatto nero da Dario Argento) perché sono celeberrimi e se non li avete ancora letti li trovate nelle tante antologie dedicate a Poe. 
Dirò invece che sono stati contestualizzati ai giorni nostri mantenendo le peculiarità delle storie originali senza perdere nulla a dimostrazione della loro modernità, d'altronde entrambe i registi vantano passate esperienze alle prese con le short stories: i fulminanti racconti del terrore di "Creepshow" ispirati dall'omonima rivista weird per George Romero mentre addirittura la televisione per il nostro Dario Argento con la serie di "Incubi" visionari e splatter in onda all'interno del programma "Giallo" di Enzo Tortora su una televisione pubblica che sembra lontana anni luce! (Fortuna che ci salva Rai 4 e Rai movie dalla noia)



Dei due l'episodio più interessante è proprio quello diretto dal regista romano che contamina il suo gatto nero con citazioni di altri racconti dello stesso Poe - in primis "Il pozzo e il pendolo", vedi l'eloquente foto dal set - nonché con alcuni momenti di visionarietà narrativa tipica delle sue produzioni migliori. A completare la riuscita c'è un buon cast dove spicca nei panni del fotoreporter paranoico Harvey Keitel, con questo film Dario Argento chiude anche il suo breve "periodo americano" iniziato con "Trauma".

"Due occhi diabolici" non è un capolavoro d'originalità e neanche di suspense tout court ma merita la visione di ogni appassionato d'horror che si rispetti, dittico un po' nostalgico che guarda ai Settanta e Ottanta per formula e suggestioni, un'ultima fiammata di inizio decennio - quello dei Novanta - non eccezionale per il genere e in particolare per i due autori: Dario Argento tra alti (pochi) e bassi (tanti) e Romero che tornerà alla ribalta solo negli Anni Duemila proprio con i suoi morti viventi, di cui è degno papà e... purtroppo, artisticamente, schiavo.


Nota
L'opera di Poe è stata ed è tuttora oggetto di ispirazione per il cinema, in particolare il racconto felino ha avuto diverse trasposizioni, in Italia nello stesso periodo il Maestro Lucio Fulci gli ha dedicato il suo interessante "The Black Cat", mentre oltreoceano tra i tanti va senz'altro menzionato il poliedrico artigiano Roger Corman.


venerdì 15 marzo 2013

Deep Shock: il ritorno del grande Giallo Italiano

Davide Melini alla sua terza attesa prova: brividi assicurati



Chi segue da un po' di tempo questo blog conosce il nome di questo prodigo regista italico già segnalato e premiato in diversi Festival per i suoi precedenti lavori "The puzzle" e "La Dolce Mano della Rosa Bianca" che ho presentato e recensito su queste pagine (vedi archivio) in quanto il Nostro è amico de "L'Abitatore del Buio" e anche stavolta ci ha svelato in anteprima su cosa sta lavorando.

Il film, del quale vediamo l'intrigante locandina old-style realizzata da Cristina Gómez Rosales, è in fase di pre-produzione e sarà girato in Spagna (Malaga), come il precedente lavoro di Melini, si prevede l'uscita di un trailer ufficiale per marzo/aprile, cosa di cui darò prontamente notizia. Ma di cosa parla?
Questa la trama: "Sarah non riesce a superare del tutto le morti di suo nonno e di sua sorella maggiore. Il trauma e l'insonnia la porteranno a fare un viaggio strano, pieno di apparizioni e di omicidi causati apparentemente dalla sua mente..."

Un plot classico ma di sicuro impatto, che promette bene! Al quale daranno fiato, anzi corda, la band italiana Visioni Gotiche che si occuperà della colonna sonora, mentre a supportare la pellicola prodotta da Fabel Aguilera e dallo stesso regista, in collaborazione con "Kai Visualutions" di Marta Pavón, attualmente ci sono tre istituzioni: l' "IAJ - Junta of Andalusia" (la presidente é Soraya García Mesa), la "Deputazione di Málaga" e il comune di Casabermeja (il sindaco é Antonio Domínguez Durán). Quelle italiane dovrebbero prendere esempio...! Il cinema è cultura oltre che spettacolo e lavoro.

"Voglio rendere un omaggio speciale al giallo italiano, che compierá 50 anni precisi nel 2014. Il primo giallo fu "La Ragazza che Sapeva Troppo" (1963), diretto da Mario Bava. Lo stesso regista, solo un anno dopo, diresse "Sei Donne per l'Assassino", film in cui si delinenao i tratti caratteristici di questo genere: l'assassino vestito con impermabile scuro, con cappello e guanti neri. L'idea é ricreare la magia di alcuni film anni 60 e 70, usando peró la nuova tecnologia. Il titolo "Deep Shock" é un chiaro omaggio a "Profondo Rosso" ("Deep Red") di Dario Argento e "Shock" di Mario Bava".

Queste le intenzioni di Davide Melini e viste le premesse e le capacità finora dimostrate nei precedenti corti e medio metraggi, sono certo che darà un piacere a quanti hanno amato (e amano) l'età d'oro della filmografia di Mario Bava, Dario Argento e Lucio Fulci, riportando in voga sul circuito internazionale quello che è stato un grande genere degli Anni Settanta, il thrilling ovvero il Giallo all'italiana.

Chi volesse seguire in tempo reale la lavorazione del film può farlo sulla pagina ufficiale Facebook: https://www.facebook.com/#!/DeepShockDavideMelini 
oppure restare in attesa di news qui, dove non mancherò di aggiornarVi!

domenica 17 febbraio 2013

Murderock uccide a passo di danza


(1984)


Alla vigilia di un'importante casting per uno show televisivo che spalancherà le porte del successo alle fortunate, in un'accademia di ballo di New York un killer armato di spillone trafigge il cuore delle migliori allieve, eliminando una ad una le "papabili".
Intanto una delle insegnanti ha degli incubi dove viene inseguita dal maniaco a volto scoperto, crede di riconoscerlo e decide di indagare...


Inevitabile fare il paragone con la più famosa accademia stregonesca di ballerine vista in Suspiria (1977, Dario Argento), ma cambiano i tempi e le mode, nel pieno degli Anni Ottanta vige l'aerobica e i suoi ritmi frenetici tra scaldamuscoli e tutine fluorescenti, e sull'onda del successo di “Flashdance” (1983, Adrian Lyne) il Maestro Lucio Fulci confeziona questo thriller musicale (lui stesso lo definì tale in un'intervista tv) co-sceneggiato e scritto insieme ai fidati Gianfranco Clerici e Vincenzo Mannino.

Ma è nella messinscena e soprattutto nella fotografia di Giuseppe Pinori che zoom e messe a fuoco magistrali del regista romano danno il meglio: gli “spot” - particolari faretti – prima abbagliano, illuminano e poi di colpo oscurano lunghi corridoi, minacce nascoste e ignare vittime, allargando e altresì chiudendo l'occhio sulla metropoli immersa nelle tenebre (e nella musica).
D'altronde il reparto interpreti vede primeggiare Olga Karlatos (già vista nel mitico “Zombi 2”)  assolutamente all'altezza del ruolo, carismatica e affascinante in un giallo che non è un capolavoro ma presenta un'impronta originale e una cura sopra la media rispetto a quella che fu la coda di pellicole del genere, il thrilling argentiano nato nei Settanta.
Due note rilevanti sono: in primis la mancanza del consueto splatter che ha consacrato, e caratterizzato, l'intera carriera di Fulci come “padre del gore” e, cosa più importante, lo score musicale esclusivo composto da Keith Emerson (l'eccezionale organista del gruppo rock progressive Emerson, Lake & Palmer) il quale soltanto in un'altra occasione ha prestato il suo talento per una colonna sonora: Inferno (1980) di Dario Argento.
Murderock è anche interessante per le citazioni cinefile, a cominciare dalla prima vittima colpita nella doccia come accade nel classico dei classici Psyco (1960, Alfred Hitchcock) oppure il canarino infilzato dallo spillone prima di far fare la stessa fine alla sua proprietaria ricorda una scena di Profondo Rosso (1975, Dario Argento) quando nella villa di campagna la scrittrice infilza per errore con i ferri da maglia un merlo... e chissà quali altre, vista la vasta cultura cinematografica degli autori.



Cast: Olga Karlatos, Ray Lovelock, Claudio Cassinelli, Giuseppe Mannajuolo, Cosimo Cinieri, Belinda Busato, Berna Maria do Carmo, Maria Vittoria Tolazzi, Geretta Marie Fields, Christian Borromeo, Carla Buzzanca, Angela Lemerman, Robert Gligorov, Carlo Caldera, Riccardo Parisio Perrotti, Giovanni De Nava, Al Cliver, Silvia Collatina e...

...e non manca nemmeno un attore d'eccezione, un cameo dello stesso Fulci che amava ritagliarsi un piccolo ruolo di contorno, di solito una sola apparizione nel corso dell'intero film, stavolta è nei panni dell'agente Phil.


                   "Spesso il delitto non è altro che una forma distorta di impegno umano."




martedì 29 gennaio 2013

Operazione Mario Bava


Una notte con il gentleman del gotico italiano

Quando una rassegna si prefigge il "meglio del noir, del thriller e dell'horror" non può assolutamente mancare un Maestro indiscusso, un artigiano geniale e ironico come il grande Mario Bava (1914-1980), di lui tessono le lodi artisti di oggi come Tim Burton e Martin Scorsese solo per fare i primi due nomi che mi vengono in mente, si sono pubblicati libri e tesi, dedicate proiezioni e restauri di pellicole riscoperte.

E tocca proprio a un degno collega che lo ha anche conosciuto personalmente come Dario Argento dedicargli un appuntamento speciale nella sua serie già cult "Cento Pallottole D'Argento" giovedi 31 gennaio dalle ore 1.35 su Rai Movie.

Sulla scelta dei titoli invece avrei da sindacare in riferimento all'importanza che ricoprono nell'intera carriera del regista ligure, ma tant'è, questo passa il convento: si parte con "Operazione paura" girato in soli dodici giorni è la summa ideale delle situazioni e dei luoghi tipici del genere gotico, con trovate da manuale, anche grazie alla coloratissima fotografia "pop" a tinte forti, poi "La ragazza che sapeva troppo" è un giallo alla Hitchcock innovativo per le sale italiane del periodo, si chiude idealmente con "La Venere d'Ille" ultimo film del Maestro e primo del figlio Lamberto anch'egli regista negli Ottanta, fa parte di una misconosciuta serie girata per la RAI - che sarebbe cosa buona e giusta ritrasmettesse per intero, anche alle quattro di notte, ma fatelo! - "I giochi del Diavolo" ispirati a classici racconti fantastici dell'Ottocento... insomma, un trittico da non perdere!









mercoledì 23 gennaio 2013

L'ULTIMO UOMO DELLA TERRA


Ancora un altro giorno...
è ora di alzarsi.”




Dicembre 1965: è da questo giorno
che ho ereditato il mondo,
sono solo tre anni
e mi sembra più di un secolo.”


Prima (e unica ad oggi) trasposizione cinematografica italiana del celebre romanzo di Richard Matheson, diventato negli anni un vero classico della letteratura mondiale “Io sono leggenda”, che ha avuto altre due versioni sul grande schermo ovvero “1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra” con Charlton Heston e la recente del 2007, omonima, con Will Smith.

La storia ha come protagonista lo scienziato Robert Morgan (interpretato dal grande Vincent Price, icona del cinema gotico dell'epoca) rimasto appunto “l'ultimo uomo della Terra” dopo un'epidemia causata da un virus che viene trasmesso via aerea per poi far ritornare i morti sotto forma di “vampiri” assetati di sangue. Unica salvezza la luce del sole che durante le ore diurne li costringe a rintanarsi mentre di notte aglio e specchi li tengono lontani.
Di giorno l'uomo da la caccia a questi "mostri" mentre di notte barricato nella sua casa in solitudine riflette rassegnato sulla sua condizione aspettando la fine, finché un mattino durante la sua uscita incontra una donna...

Ambientato nientemeno che a Roma, fa un certo effetto vedere scorci dell'Eur deserti nella condizione tipica post-apocalittica di strade spazzate dalla polvere e disseminate di cadaveri dove si aggira l'istrionico Price fotografato tra le architetture post-moderne del Ventennio da Franco Delli Colli; la scelta del grande attore teatrale capace di reggere l'intero film è forse dovuta al fatto che il film fosse inizialmente un progetto della mitica casa di produzione inglese Hammer poi arrivato in Italia e sceneggiato dallo stesso regista Ubaldo Ragona insieme a Mario M. Monetti.

Diretto nel 1964, “L'ultimo uomo della Terra” è – colpevolmente - noto solo alla cerchia più ristretta degli appassionati, invece ha un'importanza seminale nel genere fantastico, come “I vampiri” o “Caltiki” (entrambi di Riccardo Freda) sono capostipiti dell'horror italico, questo film lo è, a ragione, di tutta quella sfilza di pellicole catastrofiche, epidemiologiche, tuttora in voga soprattutto a Hollywood, e visti i tempi che viviamo... inoltre la sua modernità – merito del romanzo e della fedeltà a esso – negli assalti notturni dei “ritornanti” alla casa dello scienziato sembra di vedere quelli successivi e più celebri quanto speculari de “La notte dei morti viventi” e sequel vari, che il giovane George Romero futuro “papà degli zombi” in quel di Pittsburgh abbia visto questa pellicola prima d'altri?!

Non si può arredare un cimitero
e chiamarlo casa!”





mercoledì 9 gennaio 2013

La presa del Castello!


Guerra del Canavese: ultimo atto

Ed ecco l'attesissima (da chi?!) seconda parte della due giorni medievale che si è svolta lo scorso settembre a Volpiano, "1339 De Bello Canepiciano", culminare nel momento più atteso e spettacolare per l'azione ma anche per essere il cuore stesso della rievocazione: ovvero la presa del Castello di Volpiano da parte delle truppe di Pietro da Settimo.

Il resto della storia lo conoscete già, aggiungo solo che scattare queste foto non è stato facile: per la posizione e la distanza in cui mi trovavo ai piedi della collina dove si svolgeva la battaglia, per le numerose persone intorno tutte con le braccia levate in alto armate di... fotocamera e aggeggi digitali vari e in ultimo perché fermare lo scatto nel momento sincronizzato dello scontro tra i cavalieri è un terno al lotto!

Ma lascio giudicare Voi...

PS.

Buon 2013 a quanti seguono regolarmente il mio blog: Grazie di cuore e speriamo che il nuovo anno porti attese novità anche da queste parti.



"Al mio segnale scatenate l'inferno!"




Il primo assalto è superato...


Ma l'assedio continua!




Pietro da Settimo ha trionfato...


...arriva anche il Marchese sul suo destriero nero...




L'arte della falconeria spiegata...


E dopo la battaglia per i grandi, quella per i più piccini, la giostra medievale!


Che sguardo...!


Questo bellissimo stemma si trovava all'interno del cortile dove era ospitata
un'interessante mostra di armi e armature, la casa è particolare in sé:
è antica quasi quanto il Castello stesso, i mattoni usati per edificarla 
provengono infatti dalle mura abbattute a cannonate dai francesi...


E chiudo con questa immagine di dolcezza e mistero... alla prossima edizione!