"...a determinare il valore che un libro può avere per me, non ha alcun rilievo che sia famoso o di moda. I libri non ci sono perché per un certo tempo tutti li leggano e li dimentichino come una notizia di sport o di cronaca nera: i libri vogliono essere goduti e amati con calma e serenità..."

Hermann Hesse

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Appello ai naviganti!
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Questo angolo di bosco del web, è aperto alla collaborazione Seria e Costante con disegnatori, registi e quanti vogliono usare le mie storie come soggetti per la loro creatività. L'unione fa la forza, al momento non prometto denari - non ci sono neanche per il sottoscritto - ma tanta gloria!

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martedì 26 maggio 2009

"Questo è il paese del sole..."

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Così si è spesso detto superficialmente per giustificare una presunta incapacità e predisposizione nazionale verso la letteratura del fantastico e dell'horror, ignorando così radici antiche che sono germogliate esplicitamente fin dall'Ottocento con la Scapigliatura e nelle centinaia di storie tramandate a voce e leggende regionali che hanno come protagonisti esseri soprannaturali, creature di boschi e montagne, streghe e diavoli. Poveri diavoli anzi... sono gli scrittori ignorati tutt'oggi dalla grande editoria che nasconde tutto dietro il più rassicurante e ambiguo termine "noir" facendo un gran minestrone che si annulla nella piattezza di contenuti, oppure pubblica "horror" americani e inglesi in realtà più vicini a un romanzo Harmony che alle sanguinarie copertine propinate!

Qualcosa del genere diceva anche il grande Mario Bava (nella foto scherza con un'attrice) in una vecchia intervista messa in onda a "Fuoriorario", a lui regista di "film del terrore" veniva chiesto come si fa paura, quali sono i suoi meccanismi, e lui rispondeva che per gli americani, gente semplice, sono riconducibili ai castelli gotici, al buio, a una finestra che si spalanca d'improvviso sferzata dal vento... in Italia questi espedienti funzionano meno perché qui anche se piove il giorno dopo splende il sole.

Proprio come in questi giorni, è scoppiata l'estate in anticipo con temperature sopra la media (pure qua a Torino, non direste eh?), ma questa ondata di caldo improvviso non è immune dal giocare brutti scherzi a sentire i tg.... l'estate ha le sue zone d'ombra, geografiche e mentali, scatenate proprio dalla troppa insolazione, dalla canicola pomeridiana, ma a volte basta una folata di vento per rigenerarsi come quella del racconto che segue... ditelo agli amici, nonni, zii e cugine, le ore piccole vi aspettano solo sul mio blog, buona lettura!


PS. Non sono sempre così "noir" nella vita, in questi giorni leggo "L'insostenibile leggerezza dell'essere" di Milan Kundera, ogni tanto fa bene cambiare ;-)

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IL VENTO

"Il vento soffia l'alito dei morti, non voltargli mai le spalle".
Gli diceva sempre sua nonna durante i temporali estivi e le folate autunnali quando il vento turbinava dal camino, e lui l'aveva presa sul serio, allora come oggi adulto, una vita in campagna e il bucato sospeso tra i robusti pali di noce conficcati nel retro del giardino.

"Ferma bene i panni o ti avvolgeranno il volto come un sudario".
Non mancava di rifornirsi di mollette d'ogni genere: colorate, di legno e plastica. L'ultima confezione regalatagli dalla nipotina raffigurava dei lunghi coccodrilli.
Quel pomeriggio il vento gonfiava le lenzuola come vele, volti fantastici di angeli e diavoli sbucavano tra pieghe e crateri rigonfi, fauci spalancate su un aldilà d'infernale aria calda.
Erano ore che vociava fra le tegole e la grondaia. Marco era nervoso come sempre.
Le nubi erano cariche ma restavano dolenti e scure sulla sua casa isolata. La linea telefonica friggeva dalla mattina lanciando trilli fantasma nel silenzioso salotto. Uscì di scatto con l'intenzione di raccogliere le lenzuola prima di vederle squarciate o volate via.

“Lui ti afferra con le dita e aspira il fiato.”
Cominciò dallo stenditoio nel mezzo. I fili d'acciaio vibravano tesi allo spasmo.
Le mollette sembravano non staccarsi tanta era la forza che opponeva la corrente alle sue spalle.
Poi si accorse che mancava qualcosa. Un lenzuolo era volato via e le pinze erano tutte lì in attesa. Schierate come soldatini. Diverse da come le aveva messe.

“Non voltargli le spalle, soffia sul collo e ti sfila la vita.”
Indietreggiò. Loro scattarono.
Decine di dentini aguzzi dai colori vivaci affondavano nella carne nuda, sulle braccia e sulle gambe. Tanti allegri e identici coccodrillini colorati di plastica insanguinata aprivano e chiudevano le mascelle sulle potenti molle d'ottone lacerando la pelle. Quando furono troppi cadde nell'erba sfinito, strappandoli di dosso urlando disperato nel vento.

FINE.

giovedì 14 maggio 2009

"Colour from the Dark"

Il cinema fantastico che voglio.




Non fosse altro che questo blog respira l'aria del Solitario di Providence anche nel nome ("L'Abitatore del Buio" è considerato l'ultimo racconto scritto dal Maestro), ma la sesta opera del regista Ivan Zuccon sceneggiata insieme al fido collaboratore Ivo Gazzarrini, "Colour from the Dark", è un grande film, un'eccellente prova di maturità artistica e capacità espressiva ben al di là e sopra la media nazionale a prescindere dal genere horrror.


La storia è tratta dal racconto "The colour out of space" ("Il colore venuto dallo spazio") scritto nel 1927 dal mito H.P. Lovecraft (ritratto a lato), dal quale trasporta l'azione dalla provincia americana in un casolare della campagna ferrarese durante la seconda guerra mondiale eliminando la fantascientifica caduta del meteorite come origine dei fatti, lascia inalterato il fascino e lo sviluppo della nefasta influenza e della sciagura che si abbatte sugli abitanti della casa da quando un dì scorgono un colore innaturale e abbagliante in fondo al pozzo e incuranti bevono l'acqua. E' il colore del Male, metafora psichica e fisica delle profondità dell'abisso umano che conducono lentamente alla follia, dal quale non c'è rimedio né risalita alcuna, come un pozzo senza fondo, infinito.
E proprio come il Maligno si presenta: prima ammalia compiendo miracoli insperati, improvvise guarigioni come per la gamba menomata di Pietro e il dono della parola alla sfortunata Alice, seguono i presagi nella liquefazione dei crocifissi e la lussuria sfrenata, infine la pazzia, autolesionista e omicida della famiglia all'interno di essa e verso gli intrusi presunti salvatori.


Le complesse suggestioni e sfumature della parola di Lovecraft, la difficoltà di renderla filmicamente e narrativamente consequenziale quanto comprensibile è stata superata e resa efficace dalla solida sceneggiatura e dalla sicura regia, abile nel taglio classico dell'inquadratura quanto ricercata in carrellate e movimenti spaziali, nei dettagli curatissimi e nelle particolari soggettive dentro e fuori gli ambienti, ma soprattutto quell'atmosfera, vero fulcro della vicenda, le inquietudini palpabili e la malsana presenza che va addensandosi sulla famiglia, è stata ricreata dalla fotografia, dalle tinte che si fanno più spente e polverose con lo scorrere dei giorni e del piombare nel delirio e nella deframmentazione della realtà con l'incubo, come nelle suggestive riprese in esterno del raccolto che imputridisce sferzato dal vento mentre la casa sembra sgretolarsi come i volti cerulei dei protagonisti preda del disfacimento morale e fisico, merito degli effetti speciali di Massimo Storari e del make-up di Fiona Walsh.

Bisogna levarsi il cappello di fronte all'interpretazione dei tre attori principali - anzi quattro, se contiamo l'attrice di pezza Rosina, l'inseparabile e inquietante bambola di Alice - fondamentale in un film dove la riuscita e la credibilità è legata al pathos e alla tensione di volti mutevoli, stravolti, segnati fino ai toni drammatici: Debbie Rochon (Lucia, sposata con Pietro), Micheal Segal (presente nei precedenti lavori di Zuccon è Pietro) e Marysia Kay (Alice, sorella di Lucia, e affetta da turbe psichiche), ma anche gli altri non sono da meno e convincono fino in fondo.
La musica originale è del maestro Marco Werba, suggestivo accompagnamento di un incubo a occhi aperti.


I veri cultori dell'horror italico gioiranno degli effetti splatter, mai eccessivi e fuori luogo, moderni e talvolta "old school", nella tradizione del migliore Lucio Fulci, anch'egli affascinato da Lovecraft tanto da seminare località e indizi negli horror più viscerali, Ivan Zuccon va' oltre, fa Lovecraft suo, dichiaratamente e senza allusioni o citazioni "solitarie", è la migliore continuazione nonché rinascita di un genere importante che sente troppo la mancanza di un grande rappresentante, ora ce l'ha.

sabato 2 maggio 2009

Lo Schermo in Nero... strilloni moderni


Un tempo erano ragazzini per le strade con un fascio di quotidiani sottobraccio, che urlavano, strillavano appunto, a gran voce per le vie le ultime notizie per vendere qualche copia in più e guadagnarsi da vivere, e per farlo spesso esaltavano i fatti più eclatanti, la cronaca nera, gli omicidi più efferati. Oggi si possono vedere solo nelle vecchie foto e ricostruzioni cinematografice, ma gli strilloni non sono spariti, niente affatto, hanno cambiato faccia. Viaggiano sul teletext, via digitale terrestre, al passo coi tempi.

Qualche notte fa, seguendo l'invito a premere il "tasto rosso" per accedere al servizio interattivo di una nota emittente privata (avete capito benissimo quale, se non è zuppa è pan bagnato) si è aperta la pagina dell'ultimora con tale notizia che riporto integrale, giudicate Voi i macro controsensi della censura falso-perbenista: no alla Vera Informazione tra la gente e per i problemi della gente scissa dalla politica, sì in prima serata a pecorecci spettacoli di spiati e spioni come business dei polli e al macabro con dovizia di particolari (degno del miglior Dario Argento d'annata!) tra le news... ma quelle bisogna leggerle, come questa:
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"Lunedì 27 aprile"

"FRANCIA, DECAPITA VICINO DI CASA"

"Raccapricciante episodio di cronaca nera a Lione, in Francia. Un giovane di una trentina d'anni ha confessato di aver ucciso e decapitato il suo vicino di casa, in un raptus di follia. L'omicida avrebbe bussato alla porta della vittima, un uomo di sessant'anni, per poi colpirlo a più riprese con un coltello da cucina fino a lacerargli la gola. Dopo aver decapitato il vicino, il giovane si sarebbe sbarazzato della testa gettandola nella spazzatura."