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Ve lo siete mai chiesti? Com'era il paese dove vivo cinquanta, cento o mille anni fa?
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Io l'ho scoperto da qualche anno a questa parte, otto per la precisione, da quando si celebra una festa che mette in luce il passato più e meno recente della cittadina a diciotto chilometri da Torino dove vivo dalla nascita, con mostre di documentazione e foto prese dall'archivo comunale, visite guidate a chiese (ce ne sono diverse, soprattutto cappelle campestri) e luoghi di interesse storico. Uno su tutti il castello. O meglio, i resti del castello perché fu abbattuto dalle cannonate francesi nel 1555, oggi rimangono le mura perimetrali (quelle nella foto) che portano ancora i segni del violento assedio, visitabili soltanto durante questa giornata perché l'area purtroppo è proprietà privata.
Io l'ho scoperto da qualche anno a questa parte, otto per la precisione, da quando si celebra una festa che mette in luce il passato più e meno recente della cittadina a diciotto chilometri da Torino dove vivo dalla nascita, con mostre di documentazione e foto prese dall'archivo comunale, visite guidate a chiese (ce ne sono diverse, soprattutto cappelle campestri) e luoghi di interesse storico. Uno su tutti il castello. O meglio, i resti del castello perché fu abbattuto dalle cannonate francesi nel 1555, oggi rimangono le mura perimetrali (quelle nella foto) che portano ancora i segni del violento assedio, visitabili soltanto durante questa giornata perché l'area purtroppo è proprietà privata.

Così non manco di fare la ripida salita che parte dal cuore del paese, un centinaio di metri, oltrepassare il cancello, e inerpicarmi sulla collina verde, all'ombra delle piante che sono cresciute nel terrapieno di quello che era il castello. Arrivato in cima mi godo la brezza e la vista sull'intero paese e di parte di quelli vicini, mentre la guida spiega le vicende storiche dell'Anno Mille e cosa ha portato alla sua distruzione.
Quest'anno ho avuto un incontro inaspettato: mentre scendevo verso il centro ho incrociato altri visitatori che andavano nella direzione opposta, tra i quali un volto noto che non sono riuscito subito ad associare al nome... più tardi ho riconosciuto un giornalista del Tg3 Regionale Rai!
Quest'anno ho avuto un incontro inaspettato: mentre scendevo verso il centro ho incrociato altri visitatori che andavano nella direzione opposta, tra i quali un volto noto che non sono riuscito subito ad associare al nome... più tardi ho riconosciuto un giornalista del Tg3 Regionale Rai!
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Non me l'aspettavo proprio nel mio paese... e scommetto che tanti pensano la stessa cosa del loro, invece i piccoli centri spesso custodiscono grandi tesori "nascosti sotto il nostro naso".
Non me l'aspettavo proprio nel mio paese... e scommetto che tanti pensano la stessa cosa del loro, invece i piccoli centri spesso custodiscono grandi tesori "nascosti sotto il nostro naso".
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La prossima volta magari vi racconto del "trasloco" del cimitero, sembra lo spunto per una storia horror di infima categoria invece è successo davvero, ma ora vi lascio a un'altra storia, spero non infima, della serie "Le ore piccole", ironia della sorte dedicata a uno dei miei cibi preferiti... come Donatello, Michelangelo, Leonardo e
Raffaello insegnano, ma sì loro, le mitiche tartarughe ninjia! Avete capito cos'è??
La prossima volta magari vi racconto del "trasloco" del cimitero, sembra lo spunto per una storia horror di infima categoria invece è successo davvero, ma ora vi lascio a un'altra storia, spero non infima, della serie "Le ore piccole", ironia della sorte dedicata a uno dei miei cibi preferiti... come Donatello, Michelangelo, Leonardo e

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Presto si aggiungerà l'illustrazione originale di Fabiano Zaino, intanto dite la Vostra, mi raccomando, altrimenti...!
Presto si aggiungerà l'illustrazione originale di Fabiano Zaino, intanto dite la Vostra, mi raccomando, altrimenti...!
PONY-EXPRESS
Sole o pioggia non fa differenza, è sempre la stessa storia. Anzi, la stessa pizza.
Da tre mesi consegna cartoni in sella allo scooter di seconda mano, ha già imparato ad associare indirizzo, faccia e soprattutto mancia. Quando c'è.
Ripassa mentalmente la sequenza delle consegne calcolata sul risparmio di tempo e del traffico cittadino, il sole è già basso e il portavivande termico ancora pieno: il giro è appena iniziato.
Due Quattro stagioni in piazza Leonardo, la Biancaneve alla bella bionda, tre Funghi&prosciutto ai nuovi villini e infine una sulla provinciale. Questo dev'essere nuovo, non ricorda né faccia né mancia.
Da gas al cinquantino, prima finisce meglio è.
Quando si trova sulla provinciale all'indirizzo segnato non sa se ridere o incazzarsi.
Senz'altro è una svista – l'ennesima – di quella svampita di Sara che prende gli ordini. O peggio uno scherzo idiota per non averla invitata a cena. Che stronza.
Non c'è nulla. La strada è una retta d'asfalto che separa campi da altri campi, granoturco da spighe.
Sulla destra s'intravede una cabina sgangherata coi vetri rotti. Accosta. Possibile che l'abbiano chiamato da lì?
Si guarda intorno. Nota una cancellata nascosta dalla vegetazione, sui pilastri di mattoni rossi poggiano due pigne stilizzate.
Sul citofono non c'è il nome e la strada sterrata si perde nell'orizzonte ombroso e buio. Suona lo stesso. Riprova.
Niente da fare, risponde un fruscio elettrico.
Si appresta a rimontare in sella e fare dietrofront quando dalla cabina trilla la cornetta.
Impossibile, sarà guasta da anni. Poi si accorge degli alberi.
Flettono verso il basso. Sussultano scossi dal di dentro. Un peso opprime le cime che formano una cupola agitata. Ma non c'è un filo di vento, le spighe tutt'attorno sono immobili.
Ombre di gargoyle annusano l'aria pronte a planare sul suo scalpo. E pensare che quell'ultima pizza è una diavola.
Da tre mesi consegna cartoni in sella allo scooter di seconda mano, ha già imparato ad associare indirizzo, faccia e soprattutto mancia. Quando c'è.
Ripassa mentalmente la sequenza delle consegne calcolata sul risparmio di tempo e del traffico cittadino, il sole è già basso e il portavivande termico ancora pieno: il giro è appena iniziato.
Due Quattro stagioni in piazza Leonardo, la Biancaneve alla bella bionda, tre Funghi&prosciutto ai nuovi villini e infine una sulla provinciale. Questo dev'essere nuovo, non ricorda né faccia né mancia.
Da gas al cinquantino, prima finisce meglio è.
Quando si trova sulla provinciale all'indirizzo segnato non sa se ridere o incazzarsi.
Senz'altro è una svista – l'ennesima – di quella svampita di Sara che prende gli ordini. O peggio uno scherzo idiota per non averla invitata a cena. Che stronza.
Non c'è nulla. La strada è una retta d'asfalto che separa campi da altri campi, granoturco da spighe.
Sulla destra s'intravede una cabina sgangherata coi vetri rotti. Accosta. Possibile che l'abbiano chiamato da lì?
Si guarda intorno. Nota una cancellata nascosta dalla vegetazione, sui pilastri di mattoni rossi poggiano due pigne stilizzate.
Sul citofono non c'è il nome e la strada sterrata si perde nell'orizzonte ombroso e buio. Suona lo stesso. Riprova.
Niente da fare, risponde un fruscio elettrico.
Si appresta a rimontare in sella e fare dietrofront quando dalla cabina trilla la cornetta.
Impossibile, sarà guasta da anni. Poi si accorge degli alberi.
Flettono verso il basso. Sussultano scossi dal di dentro. Un peso opprime le cime che formano una cupola agitata. Ma non c'è un filo di vento, le spighe tutt'attorno sono immobili.
Ombre di gargoyle annusano l'aria pronte a planare sul suo scalpo. E pensare che quell'ultima pizza è una diavola.
FINE.