Dopo "L'occhio di Osiride" di Austin Freeman che mi ha piacevolmente sorpreso per la modernità dell'indagine scientifica che non mi aspettavo da un libro centenario, infatti è del 1911, se il personaggio dell'investigatore è un professore di medicina legale che per metodo e stile rientra nella scia dello Sherlock Holmes più famoso (ma quanti ci rientrano ancora oggi?) l'analisi sulle ossa, le spiegazioni, i termini tecnici (Freeman era un medico come Conan Doyle guarda caso) sono tali da sembrare quasi un episodio di C.S.I.!
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Insomma, se mi capiterà sotto mano un altro romanzo di questo scrittore non lo trascurerò. Ora invece ho fatto un balzo temporale in avanti con "La morte ha i capelli lunghi" (1986) di Martha Grimes, autrice che ignoravo e che ora conosco per quel poco di informazioni apprese dalla rete, viene paragonata alla Christie - una delle tante, verrebbe da dire - ma quello che mi ha colpito e portato all'acquisto - al solito mercatino delle pulci, ormai mi rifornisco lì! - è il titolo, molto simile a quello di un film gotico italiano, "I lunghi capelli della morte" diretto nel 1964 dal nostro grande artigiano del cinema Antonio Margheriti (in arte Antony Dawson), ma film e libro non hanno nulla a che spartire, tanto più che la traduzione dell'ultimo in italiano è molto libera, anzi ispirata più ai fatti narrati che fedele all'originale che è I am the only Running Footman (nome di un pub presente nel romanzo), atmosfera british classica e humor che cattura, ecco la quarta di copertina:
Insomma, se mi capiterà sotto mano un altro romanzo di questo scrittore non lo trascurerò. Ora invece ho fatto un balzo temporale in avanti con "La morte ha i capelli lunghi" (1986) di Martha Grimes, autrice che ignoravo e che ora conosco per quel poco di informazioni apprese dalla rete, viene paragonata alla Christie - una delle tante, verrebbe da dire - ma quello che mi ha colpito e portato all'acquisto - al solito mercatino delle pulci, ormai mi rifornisco lì! - è il titolo, molto simile a quello di un film gotico italiano, "I lunghi capelli della morte" diretto nel 1964 dal nostro grande artigiano del cinema Antonio Margheriti (in arte Antony Dawson), ma film e libro non hanno nulla a che spartire, tanto più che la traduzione dell'ultimo in italiano è molto libera, anzi ispirata più ai fatti narrati che fedele all'originale che è I am the only Running Footman (nome di un pub presente nel romanzo), atmosfera british classica e humor che cattura, ecco la quarta di copertina:
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"La prima è stata Sheila, un'autostoppista. La seconda è stata Ivy, commessa. Entrambe avevano i capelli lunghi, entrambe sono state strangolate con una sciarpa. L'assassino è chiaramente lo stesso, quindi, ma quale può essere il movente, se le due vittime non si conoscevano nemmeno ed è escluso che possa trattarsi di un serial killer? Il sesto senso di Jury lo porta a sospettare di un'aristocratica famiglia che ha molto sofferto in passato. Anche se gli indiziati hanno alibi di ferro, Jury sa di non sbagliare, e sente profilarsi nell'aria l'ombra di una nuova tragedia..."
"La prima è stata Sheila, un'autostoppista. La seconda è stata Ivy, commessa. Entrambe avevano i capelli lunghi, entrambe sono state strangolate con una sciarpa. L'assassino è chiaramente lo stesso, quindi, ma quale può essere il movente, se le due vittime non si conoscevano nemmeno ed è escluso che possa trattarsi di un serial killer? Il sesto senso di Jury lo porta a sospettare di un'aristocratica famiglia che ha molto sofferto in passato. Anche se gli indiziati hanno alibi di ferro, Jury sa di non sbagliare, e sente profilarsi nell'aria l'ombra di una nuova tragedia..."
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