"...a determinare il valore che un libro può avere per me, non ha alcun rilievo che sia famoso o di moda. I libri non ci sono perché per un certo tempo tutti li leggano e li dimentichino come una notizia di sport o di cronaca nera: i libri vogliono essere goduti e amati con calma e serenità..."

Hermann Hesse

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Appello ai naviganti!
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Questo angolo di bosco del web, è aperto alla collaborazione Seria e Costante con disegnatori, registi e quanti vogliono usare le mie storie come soggetti per la loro creatività. L'unione fa la forza, al momento non prometto denari - non ci sono neanche per il sottoscritto - ma tanta gloria!

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giovedì 17 marzo 2011

Meglio non farci il bagno

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Torniamo nel buio nebbioso - non per il fumo assolutamente vietato, ma per la nebbia padana! - della sala cinematografica, quella domestica del salotto, comodi davanti alla televisione con un buon dvd reperito nel grande store specializzato come nell'edicola o sulle bancarelle dell'usato, ormai si trova di tutto. L'importante è saper scegliere con l'occhio cinefilo giusto, tirare fuori dal cilindro quel coniglio rosa che non morde ma fa le capriole: perché un film per me deve divertire con intelligenza e passione. E non fare compassione!
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Qualche notte fa mi sono imbattuto in un titolo già trasmesso più volte ma sul quale non mi ero soffermato, lo spot di Italia 1 mi ha convinto che c'erano i presupposti per divertirsi un'ora e mezza.
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Trailer originale in HD:



Frankenfish - pesci mutanti (2004) è un monster movie in piena regola. Il titolo è fin troppo (de)genere e trash per passare inosservato col suo riferimento alla creatura mostruosa del capolavoro letterario di Mary Shelley.
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Diretto da Mark Dippé, è uno dei tanti nipotini de Lo squalo di Spielberg, dopo il quale il terrore venuto dal mare (purtroppo, visto che si tratta di predatori che fanno il loro prezioso mestiere nell'ecosistema) ha visto protagonisti orche, piovre, piranha, barracuda, coccodrilli e quant'altro di temibile sguazza nell'acqua, questo non fa eccezione: dopo il ritrovamento del corpo mutilato di un pescatore in una palude, vengono spediti sul posto un medico legale e una biologa per indagare. In breve scoprono che non si tratta di un alligatore come credevano ma c'è ben altro, confermato dal ritrovamento di un barcone sospetto senza equipaggio e dall'aggressione sotto il loro naso di "qualcosa" che trascina via nell'acqua insanguinata la loro guida. Vista la situazione si rifugiano presso una piccola comunità sul fiume composta da tre house-boat, qui le spaventose creature mutanti li assediano decimandoli.
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Gli attori - Tory Kittles, K.D. Aubert, China Chow, Matthew Rauch, Muse Watson, Mark Boone Junior, Richard Edson, Reggie Lee, Tomas Arana, Donna Biscoe, Noelle Evans - suonano sconosciuti ai più, ma soprattutto il regista non mi suonava familiare, così facendo una ricerca ho scoperto essere un esperto di effetti digitali e computer grafica di una certa esperienza avendo lavorato per grosse produzioni di Hollywood (nonché regista di "Spawn") e infatti i conti tornano: se i dialoghi sono da fumetto, i personaggi stereotipati (gli abitanti delle house boat sono un reduce del Vietnam col machete, figlia procace e madre di colore alla "Zio Tom" stregona vudu e una coppia di hippie) e la storia prevedibile, il piatto forte è ben servito: infatti i pesci carnivori si vedono bene in tutta la loro grandezza, saltano come delfini e fanno danni come tranciare a metà un corpo oppure - nella scena più splatter - mozzare la testa con tanto di zampilli in primo piano.
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Tutto questo in un film tv, ossia una produzione per la televisione americana, il corrispettivo delle nostre fiction, pensate un po', dove non vedremo mai un'altra scena cult che farebbe saltare di gioia sulla poltrona Zio Quentin (Tarantino), ossia quella che vede il trafficone implicato nella fuga dei "frankenfish" ricevere una telefonata mentre seduto in poltrona una chioma bionda ciondola sul suo grembo nell'atto di una fellatio, la signorina seminuda in topless si alza e va a raggiungere il divano dove gioca con un cucciolo di leone!?!
Il finale farebbe presagire un sequel, ma ad oggi la palude tace.
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Pare che la vicenda sia ispirata a un fatto di cronaca avvenuto nel Maryland, Stati Uniti, dove un lago fu invaso da "pesci dalla testa di serpente" così chiamati appunto perché geneticamente modificati... il resto, che ve lo dico a fare, è fantasia.
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I primi dieci minuti (in italiano):

venerdì 4 marzo 2011

Dal libro al film e viceversa, anzi no

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Dopo "L'occhio di Osiride" di Austin Freeman che mi ha piacevolmente sorpreso per la modernità dell'indagine scientifica che non mi aspettavo da un libro centenario, infatti è del 1911, se il personaggio dell'investigatore è un professore di medicina legale che per metodo e stile rientra nella scia dello Sherlock Holmes più famoso (ma quanti ci rientrano ancora oggi?) l'analisi sulle ossa, le spiegazioni, i termini tecnici (Freeman era un medico come Conan Doyle guarda caso) sono tali da sembrare quasi un episodio di C.S.I.!
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Insomma, se mi capiterà sotto mano un altro romanzo di questo scrittore non lo trascurerò. Ora invece ho fatto un balzo temporale in avanti con "La morte ha i capelli lunghi" (1986) di Martha Grimes, autrice che ignoravo e che ora conosco per quel poco di informazioni apprese dalla rete, viene paragonata alla Christie - una delle tante, verrebbe da dire - ma quello che mi ha colpito e portato all'acquisto - al solito mercatino delle pulci, ormai mi rifornisco lì! - è il titolo, molto simile a quello di un film gotico italiano, "I lunghi capelli della morte" diretto nel 1964 dal nostro grande artigiano del cinema Antonio Margheriti (in arte Antony Dawson), ma film e libro non hanno nulla a che spartire, tanto più che la traduzione dell'ultimo in italiano è molto libera, anzi ispirata più ai fatti narrati che fedele all'originale che è I am the only Running Footman (nome di un pub presente nel romanzo), atmosfera british classica e humor che cattura, ecco la quarta di copertina:
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"La prima è stata Sheila, un'autostoppista. La seconda è stata Ivy, commessa. Entrambe avevano i capelli lunghi, entrambe sono state strangolate con una sciarpa. L'assassino è chiaramente lo stesso, quindi, ma quale può essere il movente, se le due vittime non si conoscevano nemmeno ed è escluso che possa trattarsi di un serial killer? Il sesto senso di Jury lo porta a sospettare di un'aristocratica famiglia che ha molto sofferto in passato. Anche se gli indiziati hanno alibi di ferro, Jury sa di non sbagliare, e sente profilarsi nell'aria l'ombra di una nuova tragedia..."