"...a determinare il valore che un libro può avere per me, non ha alcun rilievo che sia famoso o di moda. I libri non ci sono perché per un certo tempo tutti li leggano e li dimentichino come una notizia di sport o di cronaca nera: i libri vogliono essere goduti e amati con calma e serenità..."

Hermann Hesse

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Appello ai naviganti!
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Questo angolo di bosco del web, è aperto alla collaborazione Seria e Costante con disegnatori, registi e quanti vogliono usare le mie storie come soggetti per la loro creatività. L'unione fa la forza, al momento non prometto denari - non ci sono neanche per il sottoscritto - ma tanta gloria!

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mercoledì 23 novembre 2011

Fantomas c'est la mort, chéri!

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Lo scorso mese durante una delle mie visite periodiche al mercatino, non quello all'aperto bensì uno dei negozi della nota catena franchising che vende l'usato d'ogni sorta, setacciando lo scaffale dei libri mi sono imbattutto in una piccola rarità. Roba da collezione credo. Il bello era che il volumetto in questione si trovava "fuori posto" nello scaffale dei libri illustrati per bambini, tra un Topolino e Biancaneve, leggo sulla costa "Fantomas"!


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"Chi è Fantomas?
Fantomas c'est la mort, afferma senza falsa modestia l'interessato, e fin dal primo numero di questo nuovo mensile il lettore avrà modo di constatare che non è un'esagerazione. Ancor oggi, a oltre cinquant'anni dalla sua prima apparizione (nel 1911 a opera della coppia Allain e Souvestre, nda) , Fantomas conserva la sua fama di re del delitto, simbolo sinistro dell'astuzia criminale, minacciosa incarnazione del sangue freddo, della spietatezza, dell'inafferrabilità."






Queste sono le prime righe dell'introduzione alla collana e in tutto questo assomiglia tanto alla creatura partorita dalla fantasia di un altro duo, le sorelle Giussani, negli Anni Cinquanta in Italia, cioé Diabolik, il "re del terrore" nostrano come recita il primo numero del mitico fumetto, mentre guarda caso il primo romanzo della serie di Fantomas è intitolata "Il terrore mascherato" (ri)pubblicata da Mondadori negli Anni Sessanta. Ed è proprio quel numero uno stampato nel 1963 la copia in mio possesso, in discrete condizioni, non so quanto valga per un collezionista ma certo più dei 2,50 euro che l'ho pagata (sulla copertina c'è scritto "lire 200"!), non fosse altro per la suggestiva copertina con la ghigliottina sullo sfondo, opera di Karel Thole, grande artista che tra l'altro è stato copertinista di Urania per molti anni.


Ma non è di Fantomas che volevo parlarvi, bensì dell'interessante appendice del volume, divisa in due parti: "il giornale dei delitti" che riporta una cronaca delle vicende con protagonista Jack Lo Squartatore, già allora classico del poliziesco, e "Storie di fantasmi" piccole novelle gotiche d'altri tempi, così introdotte:

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"Molti affermano che le storie di fantasmi sono frutto di fantasiose immaginazioni o di cervelli eccitati da un pranzo troppo abbondante. Ma le storie che raccontiamo qui sotto sono invece autenticamente provate come vere e sono successe a taluni che in fatto di apparizioni erano notoriamente scettici. (Brani tratti da "La Lettura", 1904)."


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Ecco le prime due...
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Una casa abitata da tre fantasmi


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E' già raro trovare in una casa un fantasma solo: trovarne una frequentata da tre è proprio il colmo. Bisogna però dire che codesti tre spaventosi inquilini hanno cessato di mostrarsi da che l'antico proprietario che chiameremo col nome di Mr. Raynes, ha ceduto la proprietà di questa sua non piacevole dimora londinese.
Una sera, Mr. Raynes sedeva davanti al fuoco, quando già gli altri abitanti della casa erano andati a letto. Egli udì improvvisamente cigolare la porta. Guardò verso di essa e vide, con supremo stupore, una ragazza di circa 20 anni, vestita di una bianca veste fluttuante, che reggeva una piccola arpa irlandese. Troppo sorpreso per parlare o muoversi, Mr. Raynes vide la giovinetta avanzarsi sorridendo, assidersi sopra una scranna, e l'udì cantare accompagnandosi sull'arpa. Le parole ch'ella proferiva erano indistinte. Essa si fermò non più di tre minuti, poi si levò, guardò ancora con un sorriso Mr. Raynes, mosse verso la porta e svanì.
Il secondo fantasma fu visto da Mr. Raynes quando era un giovinetto di 16 anni. Era una sera d'estate, ed egli sedeva presso la porta aperta del salone, quando vide un cavallo bianco lanciato al galoppo su per la salita dall'uomo stranamente vestito che lo cavalcava. Il cavaliere si avvicinò, salì la scala e sparì. Tutto questo senza fare alcun rumore. Il fanciullo riconobbe nel cavalcatore l'originale d'uno degli antichi ritratti che si trovavano nella galleria del palazzo; solo la faccia del cavaliere era contratta dalla passione. Il ragazzo seppe più tardi che l'uomo rappresentato in quel ritratto, di temperamento violento e focoso, aveva, in un impeto d'ira, ucciso suo fratello.
La terza apparizione fu vista da Mr. Raynes e da sua moglie. Ma prima di raccontare questo orrendo fatto bisogna dire che lo stemma della famiglia Raynes consisteva in una mano sinistra rossa.
Essendo l'appartamento abitato dai Raynes in istato di riparazione, una sera i due sposi si disponevano ad occupare una stanza che aveva reputazione d'essere frequentata dai fantasmi.
Attraverso il soffitto di essa correva una solida trave di quercia. Alzando gli occhi verso di essa, Mr. Raynes vide una riga nera, lunga press'a poco sessanta centimetri, disegnarsi improvvisamente sul legno. Gradatamente essa ingrandì, fino a diventare una fessura ampia sei centimetri: In quel momento la signora Raynes diede un grido e svenne tra le braccia del marito. Dalla fessura emergeva una larga mano rossa sanguigna, un vero facsimile dello stemma di famiglia. Attaccato ad esso non c'era il braccio, ma soltanto il polso. Lentamente, essa discese fino al livello del letto, si fermò un momento, poi risalì e scomparve. Il giorno dopo la trave venne accuratamente esaminata. Non vi era traccia di fessura.


La premonizione del marchese di Bambridge


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Una delle credenze più diffuse è che gli spettri, apparendo, vengano a significare che qualcuno della famiglia di colui al quale si rivelano sta per morire. Ecco un fatto che dà ragione a questa teoria.
La figlia d'un marchese, che chiameremo di Bambridge, vide un giorno, quando era bambina, appressarlese in un corridoio un'alta figura vestita di nero. Sulle prime credette che si trattasse d'una cameriera; ma quando questa figura le fu vicina, la giovinetta vide che aveva il capo incappucciato, e attraverso il cappuccio distinse chiaramente una faccia di scheletro. Con un grido, svenne. Quando tornò in sé raccontò ciò che le era accaduto. Suo padre ascoltò questa storia con grande inquietudine. Disse che quell'apparizione preannunciava la morte d'uno dei familiari. Undici ore dopo egli stesso era morto.

giovedì 10 novembre 2011

Scrittori, che gente!

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Parafrasando una nota esclamazione di Enzo Ferrari rivolta ai piloti e alla loro vita che lui conosceva bene...

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Il mese scorso leggendo un Urania di oltre un trentennio fa (indovinate un po' dove l'ho trovato), mi sono imbattuto in appendice al romanzo in un articolo del grande scrittore di fantascienza Isaac Asimov (1920-1992, foto), "Paradiso perduto" (titolo originale "Milton! Thou Should'st Be Living At This Hour", tradotto da Laura Serra, 1980):


"Qualche tempo fa mi trovavo ai magazzini Bloomingdale a firmare copie di libri miei. Non è una pratica che mi sento di consigliare a persone che siano anche solo minimamente timide o sensibili. Comporta infatti lo stare seduti a un tavolo di fortuna sormontato di libri vostri, e l'essere circondato da innumerevoli indumenti femminili (a me, almeno, era capitato proprio il settore abbigliamento donna). La gente vi passa vicino con espressioni che vanno dalla più totale indifferenza al leggero disgusto. A volte guardano i libri con un'espressione che sembra dire «Su quale immonda porcheria si è mai posato il mio sguardo?» e passano oltre.
Ma, naturalmente, ogni tanto c'è anche qualcuno che viene a comprare un libro, e allora voi gli firmate la copia per pura gratitudine.
Per fortuna io non sono per nulla timido e so reggere a qualsiasi sguardo senza arrossire, ma immagino che per i più sensibili una simile esperienza sarebbe una specie di tortura. Perfino io avrei fatto volentieri a meno di sottopormici, ma è il mio editore che organizza questo tipo di cose, e io comunque non voglio avere l'aria di uno che rifiuta senza motivo alcuno iniziative prese per far vendere di più i suoi libri."


L'articolo poi prosegue cambiando decisamente argomento e toni, trattando il "Paradiso perduto" del poeta inglese John Milton come un'opera fortemente fantascientifica per i tempi; mi interessava la spontaneità semiseria di questo incipit, scritto una trentina d'anni fa ma attualissimo riguardo la "condizione dello scrittore", mi ha fatto sorridere e ricordato le impressioni provate durante le mie rare presentazioni fatte finora, con la differenza che non ho pubblicato la bellezza - tra romanzi e saggi - di cinquecento libri come Asimov!!