Quando va bene, perché almeno spezza la cappa d'umidità e i polmoni ringraziano.
Se non vi siete ancora allungati sulla sdraio per godervi lo sciabordio del bagnasciuga... siamo in due, infatti questo blog non vi abbandona neanche ad agosto, anzi, vi premia fedelissimi amici! E mica col solito borsone, tazzone, telone, tovaglione delle raccolte punti, no, con un nuovissimo racconto lampo della celeberrima serie "Le ore piccole", fresco di stesura come sempre, pensato e messo su foglio elettronico, si tratta di esperimenti di scrittura, idee condensate in trecento parole, all'interno delle quali sviluppo un personaggio, un'ambientazione e una storia con "un capo e una coda" e un colpo di scena finale, se vi sembra poco...
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PIANI PARALLELI
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È incredibile come la routine si nutra delle cose più insignificanti della vita.
Era quello che pensava Carlo Strambi salutando un giovedì come tanti, valigetta in mano oltrepassando lo zerbino di casa. Fuori il sole spaccava le pietre e lui andava a rinchiudersi in ufficio. Non che fosse uno sportivo, ma sarebbe rimasto volentieri a scaldarsi le ossa in poltrona con un buon libro.
Il rito che si ripeteva con ossessione cronica era quello dell'ascensore.
Lui stava al decimo piano e durante la discesa ogni santa mattina le “fermate” erano obbligatoriamente le stesse e gli stessi a salire.
Al nono raccoglieva il ragionier Salini che puzzava d'aglio, al settimo la nobildonna (!) Marchesi con il barboncino col cappotto, al quinto i figli del suo amico Giovanni che facevano il liceo, poi se Dio voleva era una tirata unica fino al pianoterra dove a dargli il buongiorno c'era la portinaia incazzata con lo spazzolone.
Tutto questo perché ognuno sincronizzava gli orologi meglio di uno svizzero.
Quella mattina però era in ritardo.
L'ascensore fermava ai soliti piani, si apriva e chiudeva come fauci, senza però inghiottire nessuno.
Non salì il siero anti-vampiro, la puzza sotto il naso col pedigree e neanche gli eccitati ormoni adolescenziali. Possibile che fosse bastato un minuto di ritardo?
Era contento quanto sorpreso. Dov'erano finiti tutti?
Senz'altro Clara gli avrebbe dato il buongiorno storcendo il naso mentre agitava come una lancia il “mocio”. Lei non poteva essere sparita.
Invece continuava a scendere. Non si era reso conto che il display segnava un doppio otto dietro un segno negativo. Cominciò a sudare.
Poi di colpo la cabina si arrestò.
Una luce accecante saturava la porta a vetri dell'atrio tanto che le inferiate parevano incandescenti, mentre una nebbia densa s'infiltrava da sotto. Fuori faceva un caldo infernale.
2 commenti:
Meno male che a casa mia non c'è l'ascensore...Ma perchè le portinaie le dipingono sempre come megere che passano lo straccio a tutte le ore? :)
Eheh, hai ragione, il personaggio della portinaia è un po' stereotipato, ma per assurdo nelle storie di genere funziona meglio così che una trovata fuori dagli schemi... non ci crederai, ma proprio stamattina ho appreso che alcuni parenti ieri sono rimasti chiusi in un piccolo ascensore per un'ora in cinque!
ciao,
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