"...a determinare il valore che un libro può avere per me, non ha alcun rilievo che sia famoso o di moda. I libri non ci sono perché per un certo tempo tutti li leggano e li dimentichino come una notizia di sport o di cronaca nera: i libri vogliono essere goduti e amati con calma e serenità..."

Hermann Hesse

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Questo angolo di bosco del web, è aperto alla collaborazione Seria e Costante con disegnatori, registi e quanti vogliono usare le mie storie come soggetti per la loro creatività. L'unione fa la forza, al momento non prometto denari - non ci sono neanche per il sottoscritto - ma tanta gloria!

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domenica 28 settembre 2008

L'annegata del Po

Annegati e asciutti...


E' il titolo del mio racconto presente nell'antologia - Torinoir - tutta torinese per atmosfere, vicende e autori, non poteva essere più esplicito anticipando l'enigma alla Hitchcock presente nella prima parte della storia che si svolge lungo il Corso del Po e su di esso (il battello Valentino), fiume che attraversa la città e da sempre ne segna il destino magico e tormentato, mentre la seconda parte vira all'azione e al ritmo degno di un poliziesco anni Settanta, a cui si ispira, alla Umberto Lenzi.


Chi ha letto la precedente raccolta personale noterà uno stile diverso, meno barocco, voluto per onorare la vecchia scuola noir (e poliziesca americana soprattutto) disincantata per bocca dei fatti e dei protagonisti, più di uno, che si ritrovano smarriti per circostanze diverse e bizzarre, con i loro sguardi e bagagli in un'arsa estate torinese persa nella memoria.
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Torino, estate 2003.

1.
Il mattino è un cascame di stelle morte sulla città.
Il trauma sudato del risveglio sudati prende alla gola anziani e bambini scivolando via sull’ottimismo della prima pioggerellina di un quarto d’ora all’orizzonte. Intanto si crepa.
Le previsioni d’altronde non lasciano scampo. Di respirare non se ne parla nemmeno.
La città è uno stagno morto. La cantilena è sempre la stessa: chiudetevi in casa e non uscite nelle ore più calde.
Insomma, godetevi il vostro nuovo condizionatore finché funziona. Invece c’è troppo bisogno di vivere per quelli rimasti in città, volenti o nolenti.
La cappa fiacca i polmoni fin dalle otto e il sole non molla mai. Ovunque è un’istantanea mossa e sovraesposta alla luce di maschere di signore snob con borsetta e vecchi bianchi come conigli ai giardini accecati dai flash del padre eterno.
Guglielmo Cannelli fa quel tratto di strada alla stessa ora da quasi quarant’anni.
È comodo, arriva prima e non gli piace cambiare la strada vecchia per quella nuova.
Gli piace sedersi al Valentino con la schiena rivolta al fiume e aspettare l’orario di lavoro abbandonato a occhi chiusi. È metodico per necessità perché la memoria l’ha salutato da un pezzo.
La schiena è già bagnata e preferisce non pensare alla divisa di panno blu uguale estate-inverno. Almeno la giacca deve proprio, il resto può farne a meno, tanto ancora sei mesi e se ne va in pensione. Beato lui.

Da: "L'annegata del Po".

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